Come cambia l’editoria

Il mondo dell’editoria sta cambiando per via dell’avvento dei nuovi media che permettono una maggiore facilità nell’accesso e nella condivisione dei contenuti. In questo contesto prende vita Out of Ink, un progetto di ricerca sul futuro del libro e delle pratiche editoriali.

Out of Ink - Future Publishing Industries è un progetto dell’Institute of Network Cultures,  un istituto di ricerca basato ad Amsterdam e fondato da Geert Lovink, che esplora, documenta e alimenta il cambiamento socio-tecnologico dei nuovi media.

Per Out of Ink ci ha intervistati Francesca Coluzzi, Il testo originale dell’intervista è stato pubblicato il 1 novembre 2012 sul sito ufficiale del progetto.

L’intervista

Institute of Network Cultures (INC): Raccontatemi di voi e di come è nata U10. Come nasce il vostro interesse verso l’editoria digitale?

U10: U10 è giovanissima, l’abbiamo creata a febbraio di quest’anno. Usciti dal vecchio studio ne abbiamo aperto uno nuovo che inizialmente non aveva un nome, si chiama Michele Aquila Studio, ma non aveva ancora un’identità definita. In quel momento stavamo lavorando alla realizzazione, produzione e distribuzione un ebook, più o meno come fanno le case editrici, anche se non lo eravamo e abbiamo subito capito che non volevamo esserlo perché non è il nostro mestiere. Siamo in due: io, che mi chiamo Michele Aquila e sono architetto, e  Valeria Di Rosa, che si occupa di curare i contenuti dei lavori. Insieme ci occupiamo della gestione dei nostri lavori e, a seconda dei progetti, collaboriamo con grafici e sviluppatori esterni.

Fatto il primo ebook abbiamo cominciato a ragionare su come andare avanti: non volevamo farne un altro, ma visto che avevamo investito parecchie energie in questo progetto, abbiamo cominciato a pensare piuttosto a quali potevano essere le caratteristiche più interessanti dell’ebook su cui ragionare, per portarlo un po’ all’estremo. Quindi abbiamo fatto un primo esperimento molto pop: durante il festival di Sanremo abbiamo realizzato un ebook mettendo insieme i tweet più divertenti, rilevanti, dissacranti sul festival. Abbiamo organizzato il flusso di informazioni, l’abbiamo editato e riproposto sottoforma di ebook e l’abbiamo fatto uscire mentre il festival era ancora in corso, comunicando la notizia a tutte le persone che erano citate o che avevano contribuito con i loro tweet. La notizia si è diffusa velocemente in modo virale ed è stato un vero successo: solo nel weekend questo libro era già stato segnalato su una larga porzione di Twitter Italia, dai circa 300 autori dei tweet stessi e anche da altri. Era scaricabile sia in PDF dal sito che in formato ePUB da iBookstore, ed era gratuito proprio perché si trattava di un esperimento e i contenuti non erano nostri ma qualcosa di cui ci eravamo in un certo senso riappropriati.

INC: In che modo avete raccolto il flusso dei tweet? C’è stato qualcuno che li ha letteralmente copiati e messi su, o avete sviluppato un software, per esempio, per raccoglierli, ottimizzarli e infine caricarli?

Michele: All’epoca ancora non c’era la nostra applicazione web.

Valeria: Ho fatto tutto a mano io, prendere lo stream e di questo selezionare i tweet più rilevanti secondo le categorie che avevamo scelto precedentemente per creare una struttura a capitoli.

Michele: Fatto questo abbiamo visto che era uno strumento straordinario perché si autodistribuiva: noi lo facevamo uscire avvisando due o tre persone e queste a loro volta riavvisavano altri e così via, seguendo tutto il network. Quindi il meccanismo con cui si era raccolto il contenuto è lo stesso che ha poi portato alla diffusione virale di questa collezione. L’abbiamo chiamato “Tweetbook” perché è costruito interamente con materiale che viene da Twitter. Dunque era febbraio e, visto il successo, abbiamo iniziato a ragionare su quale poteva essere lo step successivo. Abbiamo deciso subito di non farne un altro uguale perché eravamo convinti che il futuro non fosse fare Tweetbook, ma piuttosto costruire uno strumento per farli. Così in collaborazione con Martina Facco e Manuele Sarfatti, rispettivamente graphic e web designer, abbiamo sviluppato un’applicazione web che attualmente è un’alpha privata, aperta solo a circa 100 utenti, e che permette di lavorare su Twitter filtrandone i contenuti, organizzandoli e esportando un PDF, un ePUB o un HTML di ciò che per te è una collezione di tweet rilevanti su un determinato tema.

INC: Come funziona invece la gestione dell’accesso a questo servizio e a che punto è il progetto?

U10: Attualmente c’è un sito che si chiama tweet-book.it trytweetbook.com, ma non c’è ancora l’app perché è su un altro ghost URL. Sul sito si trova il pulsante “tweetta a U10” e noi abilitiamo all’accesso chiunque ce lo chieda. L’applicazione non è ancora completa per essere una beta pubblica, quindi per adesso rimane un’alpha privata: funziona perfettamente, solo la gestione degli accessi degli utenti è ancora molto artigianale. Il prossimo step sarà infatti fare la versione beta, pubblica, con il login e tutto il resto.

Tuttavia, grazie a questo primo step abbiamo iniziato a dialogare con molti soggetti che avevano bisogno di un qualcosa per dare forma a ciò che già scrivevano su Twitter, per esempio vari progetti editoriali che sperimentano con le forme di narrazione sul web.

I primi due interlocutori con cui ci siamo confrontati sono stati il progetto Grimm Remix, promosso dal Goethe Institut, che consiste nella riscrittura delle fiabe dei fratelli Grimm reinterpretate in chiave contemporanea, e poi la fondazione Cesare Pavese che ha lanciato un progetto per riscrivere “La luna e i falò” di Pavese su Twitter. Mentre i fratelli Grimm scrivono fiabe originali, nuove versioni di quelle tradizionali sviluppate a partire da queste, l’obiettivo del progetto della fondazione Cesare Pavese è invece la riscrittura dei 32 capitoli del libro in 32 tweet.

INC: Quindi ci sono due possibilità, diverse tra loro e in un certo senso inverse: si tratta sia di uno strumento con il quale si può creare un contenuto, raccogliendo per esempio il flusso dei tweet, ma anche di uno strumento adatto a riproporre una narrazione convenzionale, lineare e pensata per un libro, nel formato di Twitter. Il software che state mettendo a punto funziona quindi in entrambe le direzioni, nell’operazione di raccolta, ma anche in quella di riproduzione. Potete dirmi qualcosa in più rispetto a questo?

U10: In un certo senso funziona così. L’applicazione ci aiuta tantissimo per fare questo lavoro in entrambi i modi, anche se ovviamente non fa tutto e delle volte ci si rimbocca le maniche e si aggiunge ciò che manca – questo perché ancora siamo in una fase sperimentale e ogni progetto diverso ci aiuta a capire in che modo andare avanti.

Per esempio, proprio in questo momento stiamo lavorando a un altro progetto in collaborazione con doppiozero: una riscrittura delle Fiabe Italiane ispirata a Calvino su Twitter. Questa volta non sarà un progetto di scrittura collaborativa. Marco Belpoliti riscriverà le fiabe e noi ci occuperemo di realizzare il progetto editoriale, della messa online e infine della pubblicazione. Tiziano Bonini, già consulente per il progetto dei Fratelli Grimm, ha costruito il contenitore che sarà un vero e proprio palinsesto. Si può dire che stiamo lavorando a una sorta di “messa in onda” di contenuti su Twitter secondo un palinsesto predefinito. Ci sarà una sigla, poi l’apertura, la fiaba giornaliera, e infine la chiusura, secondo orari precisi come se fosse un programma televisivo. Dunque un contenuto pensato per Twitter secondo un format di intrattenimento: 100 fiabe raccontate nell’arco di 100 giorni fino a marzo. Non sarà quindi più solo un Tweetbook, ma lo diventerà successivamente. Per ora l’idea è che alla fine tireremo fuori un prodotto raccogliendo ciò che è stato scritto per il palinsesto, ma non sappiamo ancora se saranno solo i tweet delle fiabe o anche le appendici, per esempio il dibattito che si potrebbe eventualmente creare intorno, e che forma avrà questo prodotto.

INC: I vostri Tweetbook e lo strumento per realizzarli a mio avviso sollevano due questioni principali, entrambe molto interessanti per quanto riguarda un possibile nuovo concetto di libro: da una parte abbiamo visto le varie possibilità che state sperimentando attraverso la messa a punto degli strumenti di raccolta, software e applicazione; oltre a questo c’è però anche la questione di come poi questi contenuti vengono riproposti per la lettura e quindi di come si visualizzano. Passiamo a parlare del medium, ovvero del libro, cartaceo o digitale che sia, ePUB o PDF, HTML, eccetera. State anche sperimentando su questo, su come vengono tradotti i contenuti sul medium? Come si visualizza infine il tutto?

Tweetbook’s Releases for Kindle and iPad from network cultures on Vimeo.

Nella mia ricerca ho avuto modo di osservare molti progetti sperimentali sul libro e sulle nuove forme di visualizzazione dei contenuti. Una cosa che ho notato, e sulla quale mi piace fermarmi a ragionare, è come Twitter metta in moto un processo di indicizzazione: per esempio, attraverso l’uso degli hashtag è possibile definire e organizzare in vari argomenti i flussi di tweet. Questo potrebbe essere un aspetto ancora diverso e stimolante da esaminare e su cui sperimentare, guardando al medium come dispositivo di output di un contenuto che può influenzarne anche la stessa creazione. Cosa ne pensate di Twitter come sistema di indicizzazione?

U10: Riguardo a questo aspetto, proprio adesso ci stiamo rendendo conto che c’è anche un altro terreno su cui lavorare per il quale l’applicazione potrebbe diventare un servizio veramente utile: la possibilità di seguire convegni e congressi sfruttando il fatto che scrivere un tweet è un’operazione di scrittura sintetica che funziona in tempo reale, un po’ come prendere appunti. Chi organizza congressi o solamente vi partecipa apprezza molto questo servizio, perché consente di avere una sorta di atti del convegno pochi minuti dopo che è finito e, in modo quasi automatico, con l’applicazione sarà possibile tirare giù un ebook istantaneo con tutto quello che si è detto.

INC: Nella realizzazione di progetti editoriali digitali ci sono varie tipologie di professionalità che entrano in gioco, voi con chi interagite?

U10: Ora siamo strutturati così: ci siamo noi di U10 che siamo uno studio di 2 persone, abbiamo inventato questo format e successivamente abbiamo avuto bisogno di creare un’applicazione per gestirlo. Collaboriamo con grafici e sviluppatori con i quali di solito lavoriamo anche per altri lavori che facciamo come studio di design per privati o professionisti, lavorando principalmente con il web. Con loro abbiamo fatto un rodaggio su una serie di progetti, siamo andati d’accordo e abbiamo deciso di realizzare questo progetto insieme. Spesso poi abbiamo bisogno di raccontare il progetto in maniera adeguata a seconda delle diverse occasioni. L’abbiamo presentato per la prima volta al Salone del Mobile di Milano, poi a Brescia durante l’iniziativa “Pane web e salame 3” e successivamente alla Biennale di Architettura di Venezia, ogni volta c’è da costruire una specie di teatrino. In quei casi si lavora con i designer per dare forma a questa cosa. Di solito stampiamo i Tweetbook in tempo reale su dei rotolini di carta che poi avvolgiamo in maniera “artigianale”. Quello che ancora manca forse è la parte di business plan. Ora stiamo sperimentando, ma prima o poi tutto ciò dovrà diventare un prodotto in grado di stare in piedi da solo.

INC: Parliamo infatti di mercato editoriale, come immaginate che questo servizio possa funzionare in un’ottica di mercato?

U10: Abbiamo inizialmente immaginato un prodotto di base, il modello Freemium, fruibile da utenti che non devono pagare. Poi utenti pro, che pagano per avere servizi in più, utenti gold, utenti partner e così via. Ma dal mese di aprile, quando abbiamo iniziato veramente ragionare in quest’ottica, abbiamo capito che non potrà essere così: ci siamo resi conto che per fare un Tweetbook un po’ di lavoro c’è, perché bisogna organizzare i contenuti, filtrarli, eccetera. In realtà la maggior parte delle persone non ha quelle due ore di tempo per farlo da sé e quindi continuano a chiedere a noi di farlo. Siamo sempre più convinti che oltre a realizzare l’applicazione bisognerà fornire un vero e proprio servizio editoriale che si occupi di realizzare questo tipo di pubblicazioni e che in futuro probabilmente la gran parte del lavoro da fare consisterà proprio in questo. Quindi sì, in un certo senso saremo una casa editrice, in quanto offriremo un servizio a chi lo richiederà, oltre ad avere una base di utenti che userà il software e farà il proprio Tweetbook su qualsiasi argomento o tematica personale senza il bisogno del nostro aiuto.

INC: Quindi gli utenti saranno sia quelli che chiederanno a voi di realizzare il prodotto editoriale, proprio come si è sempre curata una pubblicazione, ma anche quelli che invece faranno il Twitterbook da soli utilizzando il software a disposizione. Sarà open source?

U10: A me piacerebbe renderlo assolutamente open, però stiamo diventando un po’ degli esperti di questo tipo di servizio e dobbiamo ancora capire come organizzarci per entrambi i casi, per realizzare i Tweetbook e per mettere a disposizione il software.

INC: Con chi siete entrati in contatto durante le varie fasi del progetto? Siete stati contattati da qualcuno che era interessato al progetto e ci sono state richieste particolari? Vi siete già confrontati con diversi tipi di possibili utenti?

U10: Misuriamo tutto con i contatti diretti che abbiamo, quindi se per qualcosa che ci viene in mente il contatto non c’è, vuol dire che la cosa non funziona. Un aspetto che abbiamo scoperto strada facendo e grazie a persone che ci hanno contattati è il possibile legame con l’educazione, quindi con le scuole e le università. La prima è stata una docente della Harvard Extension School, corso di Introduction to Instructional Design, che ci ha scritto una mail in cui diceva che già da tempo usava Twitter nella sua classe, sia come strumento di studio, sia come strumento di produzione di contenuti, ma cominciava a sentire il bisogno di raccogliere quello che scrivevano i suoi studenti. Poi abbiamo ricevuto una seconda mail da un’insegnante di una scuola media di Chieti che chiedeva: «Posso usare la vostra piattaforma nella mia classe per far scrivere ai miei alunni su Twitter e poi usarla come strumento per collezionare i testi da loro prodotti?». Infine siamo stati contattati dal Centro Ricerche dello IED, che era interessato ad inserire Twitter e il TweetBook all’interno di un processo di progettazione partecipata, a partire dal brainstorming fino alle ultime fasi del progetto.

Sempre grazie ai contatti diretti abbiamo scoperto anche che se c’è un prodotto finale, qualcosa che ti va in tasca o nello zaino, su un Kindle o su un rotolino di carta, le persone sono più contente, perché hanno un oggetto che può diventare per esempio un regalo dato che non è un solo un “embed” o una pagina web. Quindi quando raccontiamo il progetto diciamo che il meccanismo a monte è come quello di Storify, ma con qualcosa in più.

INC: Un pensiero molto comune è credere che nel fare un ebook ci sia un risparmio notevole rispetto alla produzione dello stesso libro come prodotto cartaceo, è veramente così?

U10: Si crede sempre che costi meno ma in realtà non è vero, anzi, secondo me costa addirittura di più perché c’è tanto lavoro dietro. Noi non ci occupavamo di editoria precedentemente, ma parlando con chi prima viveva con i libri di carta, viene sempre fuori che fare ebook adesso è un lavoro che consiste nell’inventare un linguaggio nuovo per intendersi con le persone, perché di colpo adesso ci sono professionalità diverse da quelle tradizionali che lavorano alla realizzazione di un libro. Inoltre si lavora con i software che prima si usavano per i libri di carta quindi è un delirio, perché significa prendere inDesign e costringerlo a fare un’altra cosa.

INC: Quindi c’è necessità di nuovi software, in generale di strumenti per il design del libro?

U10: Certo! Per fare i Tweetbook noi ora diamo due possibilità: usare l’app e seguire la procedura ordinaria, oppure “entrare dalla porta di servizio” dell’app e caricare dentro un codice scritto a mano.

Abbiamo messo a disposizione un unico layout per l’impaginazione del TweetBook disegnato dalla nostra Martina Facco ma ce ne potrebbero essere 10, 100, 1000, proprio come i filtri di Instagram. I contenuti del libro invece si controllano tramite un codice che funziona come se fosse un grande foglio Excel in cui ogni paragrafo determina un comportamento. Su questo si carica il contenuto e automaticamente viene generato il libro. Il grafico ha fatto il progetto e poi è stato lo sviluppatore a studiare come far sì che i contenuti vengano inseriti dagli utenti e visualizzati nel layout predefinito. Questo a noi per primi ci ha cambiato la vita: nel lavoro di realizzazione dei Tweetbook possiamo entrare dalla porta di servizio della web app e fargli impaginare da sola il libro del quale non dobbiamo più occuparci della grafica.

INC: Forse bisogna fare solo un piccolo passo avanti nell’idea che abbiamo del libro: è tanto ormai che usiamo strumenti digitali per fare i libri di carta anche se questi sono comunque pensati per essere stampati, mentre tutto il lavoro di programmazione resta nascosto, quasi come fosse un tabù. Per cominciare si potrebbe iniziare a dare un valore diverso al modo digitale di trattare il contenuto di un libro e capire le tante possibilità che ci sono. Immaginiamo invece di fare un salto in avanti, cosa rimarrà del libro cartaceo nel futuro?

U10: Io li compro, a me piacciono un sacco. In realtà li compro sia per Kindle che cartacei, a seconda di come mi sento.

INC: Come saranno? Rimarranno quelli di sempre, quelli che ci piace comprare, leggere, maneggiare, perché sono rilassanti nella loro semplicità e immediatezza d’uso? Oppure anche il libro cartaceo attraversando questa fase subirà qualche modifica? Come cambia il libro tradizionale dopo il digitale?

U10: Già Amazon l’ha stravolto, nella distribuzione e nel modo in cui lo acquisti. Forse in futuro sarà ancora più estremizzato questo aspetto … oppure il libro sarà un rotolino di carta, non so!